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giovedì 23 febbraio 2012

Marta che aspetta l'alba


 Miriam Bonalumi

Autore: Massimo Polidoro
Edizioni: Piemme Voci - Milano
Anno I edizione: 2011

tratto da una storia vera

Libro che mi è capitato tra le mani per caso (ringrazio il fautore del caso), “Marta che aspetta l'alba” è uno di quei romanzi da leggere anche solo per distrazione, in viaggio verso la scuola o il lavoro.

Si parla della Marta e della Mariuccia, capitate l'una per forza, l'altra per caso, al “manicomio di San Giovanni” di Trieste.

Marta, diciassette anni, un diploma in tasca e mille sogni nel cassetto, in pochi giorni vede il suo mondo crollarle addosso, e si trova invischiata in ambizioni e macchinazioni che in breve tempo la spingono (anima e corpo) in una gabbia d'acciaio, dove nessuno sta a sentire le sue grida.

Mariuccia, solida femminista negli ideali e nella vita (siamo nel 1968), trova casualmente un lavoro a chiamata nell'Ospedale psichiatrico, e in un colloquio di non più di quaranta secondi eccola diventare “la infermiera dei mati”: un lavoro umiliante e brutale, colmo di beffe e pratiche disgustose, nemmeno lontanamente paragonabile a quello che oggi intendiamo parlando di questa professione.

1971: Franco Basaglia diviene il direttore dell'ospedale psichiatrico di Trieste. Le porte dei reparti vengono spalancate, gli infermieri iniziano a parlare con gli “internati”, gli episodi quotidiani di violenza del personale sui pazienti diminuiscono, fino a scomparire. In pochi mesi di fervente lavoro, c'è chi ritrova una vita e una dignità da decenni perduta, c'è chi dona una senso e una vera professionalità al proprio lavoro, c'è anche chi, come Marta, incontra il cambiamento portato dall'approccio di Basaglia quando ormai è troppo tardi. I matti sono diventati esseri umani, ma prima di arrivare a questo quante botte, quanti elettroshock, quante lobotomizzazioni.

Basaglia, psichiatra noto come promotore della legge 180 del '78 sulla riforma dell'assistenza e organizzazione psichiatrica, parlando del futuro della psichiatria diceva:

«Non è importante tanto il fatto che in futuro ci siano o meno manicomi e cliniche chiuse, è importante che noi adesso abbiamo provato che si può fare diversamente, ora sappiamo che c'è un altro modo di affrontare la questione; anche senza la costrizione. »                 


Miriam Bonalumi 


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