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mercoledì 2 maggio 2012

CineRubrica: DIAZ

Diaz -Don't clean up this blood

di Fabio Zoboli
Francamente quando sento ragazzi più o meno giovani (perchè non parlo solo di preadolescenti, ma anche di studenti universitari!) che elogiano, per non dire osannano, pellicole come The Avengers (l’ultimo film tratto dai fumetti della Marvel, per i tanti che spero non lo sapessero), con la motivazione tutt’altro che sarcastica “ci sono esplosioni, combattimenti, belle ragazze.. cosa c’è di meglio?!”, mi verrebbe da consigliar loro la visione anche di Diaz, che presenta buona parte degli ingredienti dei loro film preferiti. Con la piccola differenza che in questo caso scontri e sangue siano reali, un’altra triste pagina di cronaca recente.
Daniele Vicari non è un regista molto conosciuto né particolarmente prolifico, eppure nella sua breve carriera si è già aggiudicato un David di Donatello come Miglior regista esordiente (2003) e Miglior documentario di lungometraggio (2007); quindi non stupisce che quest’ultima opera cinematografica sia stata apprezzata e insignita del Premio del pubblico al Festival di Berlino 2012.
Ma veniamo alle vicende: le giornate conclusive del G8 di Genova 2001, quando ormai l’omicidio di Carlo Giuliani è già stato perpetrato e le violenze dei Black Block hanno devastato la città. È nella notte tra 21 e 22 luglio che la polizia interviene nella scuola Diaz, edificio in cui si trovavano 93 persone, non solo manifestanti contro il summit internazionale, ma anche giornalisti e uomini d’affari, e compie un massacro (tanto che il vicequestore Michelangelo Fournier, il cui nome nel film è stato modificato in Max Flamini, usò il termine di Macelleria messicana), con 63 feriti, di cui 3 in prognosi riservata, senza che sia stata dimostrata alcuna resistenza da parte dei presunti “terroristi”.

La forza della pellicola sta nell’avvalersi unicamente degli atti dei processi, di centinaia di ore di materiale e dell’incontro con diversi testimoni, che consentono una presentazione quasi documentaristica dei fatti, evitando volutamente giudizi sulle motivazioni o i retroscena, per non essere tacciato di faziosità e alimentare il negazionismo che spesso si accompagna ad eventi scomodi. Il risultato è un climax di violenza che lascia impietriti, un pugno nello stomaco che annichilisce, sebbene lo spettatore sappia in partenza cosa lo aspetti in sala; ma un conto è leggere le notizie, un altro vedere immagini e riprese.
L’opinione pubblica potrebbe pensare ad un accanimento contro la polizia, dopo il discusso A.C.A.B. – All Cops Are Bastards: niente di più sbagliato. Le pellicole sono molto diverse, perché il film di Sollima si focalizza su tre “celerini” e indaga l’aspetto psicologico del loro lavoro, non giustificando ma quantomeno provando a spiegare le motivazioni di alcuni episodi di violenza (ma nulla a che vedere con il massacro del G8), mentre in Diaz sono riportati solo fatti, non c’è nulla di romanzato. E ciò è confermato dagli atti processuali, in cui tutti i vertici della polizia che erano stati assolti in primo grado, al secondo grado di giudizio hanno subito condanne comprese fino a 4 anni unitamente all'interdizione dai pubblici uffici per 5 anni. Quindi ciò che dovrebbe far riflettere e rabbrividire è piuttosto la difesa incondizionata del precedente governo, nella dichiarazione del sottosegretario all'Interno, Alfredo Mantovano (sottoscritta al 100% - testuali parole - anche da Roberto Maroni): “Questi uomini resteranno al loro posto e conservano la fiducia del Viminale”.
Una pagina nera che evidentemente qualcuno vuole far dimenticare alla svelta, ma che invece va ricordata proprio perché non si verifichi mai più.

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