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mercoledì 30 maggio 2012

Piracy of Privacy. Parte prima...

di Francesco Mancin
Partiamo dalla notizia (fonte La Repubblica):
"Le Street View rubavano dati"
Google sotto inchiesta in GB. Le auto avrebbero scaricato email, sms, foto e documenti dalle reti wi-fi delle abitazioni, mentre stavano fotografando le strade del Regno unito per il servizio di mappe.
Due anni fa Mountain View aveva ammesso di aver rubato "frammenti" di dati privati da milioni di pc. Ora le indagini stringono. E non mancano le polemiche sui tempi.Lo leggo dopo
  LONDRA - Furto di dati da milioni di computer delle case britanniche. Via wi-fi. Con questa accusa Google è sotto inchiesta in Gran Bretagna e l'autorità per la tutela dei dati dovrà esaminare il lavoro fatto dalle Street View Cars, ovvero quelle auto che forniscono le viste panoramiche di Google Maps e Google Earth. Questi veicoli, dotati sul tetto di apposite fotocamere, avrebbero scaricato email, sms, foto e documenti dalle reti wi-fi delle abitazioni, mentre stavano fotografando le strade del Regno unito per il web.
Il fatto è che già due anni fa il colosso di Mountain View ha ammesso di avere rubato "frammenti" di dati privati, reclamando tuttavia che si trattava di un "errore". Da allora sarebbe emersa l'intera scala delle attività di Street View, tra le accuse di voler coprire la sottrazione dei dati, dopo che gli amministratori americani avevano avvertito un importante manager che le sue informazioni erano state rubate da una delle Google Car che attraversava il paese, ma senza procurargli danni.
Del resto, secondo le ultime rivelazioni, una casa su quattro in Gran Bretagna non ha impostato la password per accedere alla rete domestica permettendo così alle Street View di raccogliere liberamente i dati disponibili. I siti specializzati e i blogger avevano avvertito che Google aveva fatto man bassa dei dati privati, semplicemente perché era in grado di farlo e che più tardi avrebbe escogitato un modo per farci soldi.[...]
Questo fatto mi ha ricordato alcune considerazioni più o meno approfondite diffusesi negli anni passati. Fra teorie semi-complottiste (a parer mio non del tutto infondate) che vedevano in Google lo
strumento tentacolare del pentagono travestito da Search-Engine ed innumerevoli ostracismi verso Facebook ed i vari sistemi di account online, forse non ci si è mai potuti rendere conto precisamente dei profili e degli abusi connessi al trattamento dei dati "concessi" al web.
Tralascerei, soprattutto in previsione di un approfondimento futuro, le questioni di ordine soltanto morale che circondano questo mondo. Vale a dire: se prendessimo Facebook a modello, sarebbe fuorviante "mischiare" gli aspetti relativi all'uso che FB fa dei dati del nostro account e dei nostri contenuti (amicizie, bacheca, condivisioni,ecc), con l'opportunità o meno di usufruire di un pubblico palcoscenico sul quale inscenare frammenti della nostra vita (frammenti che peraltro sono condivisi a discrezione dell'utente, e non risentono di specifici obblighi contrattuali di richesta quanto i dati di iscrizione). Ciò nonostante forse è il caso di constatare che ormai FB, soprattutto dopo aver aperto a servizi diretti di pubblicità ed E-commerce (Fanpage aziendali e pubblicità a margine) cela malamente l'interesse di offrire una vetrina individuale al "minimo" prezzo di dare in pasto alle ricerche di mercato un'enorme bacino di dati costantemente aggiornato.
E proprio da qui vorrei partire: dobbiamo distinguere, sulla scorta di alcune categorie e definizioni poi introdotte, diverse "qualità" di dati, e contestualmente diversi interessi ad essi associati. Un esempio: se la Google Car avesse rubato ad esmpio i miei dati dell'account di Bancoposta (pin, nome utente, password) l'interesse sotteso sarebbe tendenzialmente chiaro (quello di rubarmi i soldi), e forse sarebbe imputabile più al singolo autista o a qualche funzionario interno. Se invece mi avesse "rubato" dati inerenti ai miei acquisti, o riguardanti la mia partecipazione a partiti politici o ad associazioni, oppure i miei dati di Blogger quali sarebbero gli interessi celati?
Un appunto importante: tenete presente questi ultimi esempi perchè li riutilizzerò per chiarire.

Detto questo bisogna precisare che le categorie giuridiche con le quali classifichiamo i dati discendono, in Italia, dal decreto legislativo n.196 del 2003 denominato "Codice in materia di protezione dei fatti personali". Accolto forse con disfavore dai più (quanta carta che dobbiamo firmare adesso per il c.d. "trattamento dei dati personali"!!!), e soprattutto a parer mio non subito compreso, ha, sempre secondo il mio laico orizzonte, permesso di comprendere meglio il senso di quei diversi interessi che dobbiamo ricercare. Inoltre, proiettandoci ad oggi, possiamo sostenere che quelle categorie giuridiche allora non capite stiano lentamente (e in modo molto superficiale!) diventando anche delle categorie "mentali" che, in teoria, dovrebbero condurci ad una condivisione pubblica dei nostri "frammenti" tendenzialmente più ragionata. [continua prossimamente]

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