-

mercoledì 26 settembre 2012

Cinerubrica: Silent Souls



di Fabio Zoboli
A grande richiesta un nuovo articolo del nostro miglior reCensore. Se ritenete che le apologie dell'amore siano sdolcinate sempre e comunque, questo film vi farà cambiare idea. Da vedere!

Forse tra i film che ho proposto finora in questa rubrica, Silent Souls è l’unico ad essere veramente d’essai, da cineforum; e questo perchè lo spettatore, dopo la prima visione, non si arrischia a definirlo “bello” o “brutto”: è una di quelle opere cinematografiche che lascia perplessi, sorpresi ed è meritevole di un’ulteriore riflessione. I critici non hanno avuto invece dubbi quando le hanno conferito 2 Leoni alla Mostra di Venezia 2010. È curioso, tuttavia, che proprio in Italia, sede della rassegna, la pellicola sia uscita solo nel maggio 2012 e senza molta pubblicità: non credo siano in molti ad essersene accorti. Il motivo? Probabilmente perché è un film particolare, fuori dagli schemi: si discosta molto dal gusto cinematografico occidentale, che c’ha abituato a suspense e trame più o meno complicate. E la diversità non è solo una diretta conseguenza del fatto che il regista sia russo, ma piuttosto della scelta di focalizzarsi su un’etnia quasi scomparsa, quella ugro-finnica, intrisa di tradizioni sopravvissute al tempo ma sempre appese ad un filo.
Altra peculiarità è lo stile ricercato, non certo apprezzato da chi è facile ad appisolarsi: narrazione che si dipana lentamente, storia lineare, finale che potenzialmente sarebbe a sorpresa sennonché venga anticipato dal protagonista stesso. A condire il tutto, molte inquadrature che vengono mantenute anche dopo che i personaggi sono usciti di scena… insomma, anche se dura solo 70 minuti, a chi non è avvezzo al genere sembrerà una pellicola infinita! È particolare, poi, perché è un inno all’amore, e fin qui niente di nuovo, ma lasciando da parte la consueta poesia cinematografica ed elogiando invece la quotidianità, spesso addirittura la prosaicità, del rapporto coniugale. “Soltanto l’amore non ha fine” dice il narratore; e in questa prospettiva sono i dettagli, apparentemente insignificanti e quasi surreali, a divenire il fulcro del racconto: come la coppia di zigoli, due uccellini in gabbia, che il protagonista tiene con sé per tutta la pellicola, metafora di quelle piccole cose, appunto i “particolari” (il leit-motiv del film, non è quindi un caso la ricorrenza di questa parola anche nella mia recensione), che restano nella memoria degli uomini perché sono parte della loro vita.

Nessun commento:

Recenti