-

sabato 3 novembre 2012

La prima nevicata dell'anno

di Sara L.

-Ded to noviziato 2012/2013, especially to Jacopo-

Domenica 28 ottobre...le previsioni sono davvero infauste: pioggia su tutto il nord e nevicate anche a quote basse. Il primo fine-settimana di vero freddo, ottima occasione per scegliersi un buon film, tirar fuori dall'armadio la copertina, vestirsi comodi, farsi un the e spalmarsi sul divano: meritato riposo al calduccio.
“Ma noi ma noi ma noi no! Bocca chiusa mai” (cit.): a chi ci consiglia di cambiare meta non diamo ascolto, in fondo precipitazioni ci saranno ovunque, almeno andiamo a farci un giro un po' diverso... e poi magari lassù nevicherà. E così alle 9.00 di quella mattina una macchina azzurra affronta la pioggia risalendo la Val Seriana, a bordo io e 3 ragazzi di 16 anni, per chi è avvezzo al linguaggio scout: prima uscita di noviziato dell'anno. Percorso programmato: in auto fino a Valcanale, salita verso il rifugio Alpe Corte, lago del Branchino, passo del Branchino (1685 mt) e ritorno. Tra Parre e Ardesio i primi fiocchi, ma a Valcanale sì che nevica davvero! Dopo una salita su fondo già abbastanza scivoloso portata a termine in modo encomiabile dalla mia puffosissima macchina, scarponi ai piedi iniziamo la salita.
E' strano quando si cammina in gruppo in silenzio, soprattutto quando quel silenzio non è imbarazzato, non è solcato dal non saper cosa dire, ma è intervallato solo da pensieri e dal fiato che ti si condensa davanti in effimere nuvolette. Per diversi tratti nessuno parla: dissipata la gran caciara che facevamo in macchina una mezz'ora prima cantando canzoni improbabili, il nostro respiro è coperto da una coltre di pace e immobilità. È come se tutto si amplificasse e si attutisse allo stesso tempo: alcuni rami già spezzati dal peso della neve, fermarsi ad aspettare un attimo chi rimaneva indietro, sorridere aiutando tutti insieme una famiglia di ragnetti zampalunga (nome scientifico: aracnidus zampalungus) ad attraversare un tratto innevato senza fermarsi per sempre causa ipotermia.

Un'oretta dopo ecco il rifugio, lì finiscono anche le tre o quattro tracce di chi ci aveva preceduto... evidentemente nessuno ha proseguito da quando, la notte precedente, sono caduti i primi fiocchi. Ci affacciamo al rifugio e ci accoglie il caloroso saluto dei rifugisti e di un paio di amici ex scout che troviamo lì in puro stile “com'è piccolo il mondo”. Considerata la necessità di programmare le nostre attività dei prossimi mesi e il consiglio dei rifugisti di non proseguire, considerando che dovremo presto porci la questione del “come liberare la mitica Bontina” (è il nome della puffomacchina) decidiamo di fermarci per un po' con loro, mangiamo qualcosa e alle 13.00 siamo sulla via del ritorno. Scendendo scema (è la parola giusta) un po' la bucolica poesia della salita e a farla da padrone sono gli scherzoni tipo “giochiamo a scrollare l'albero e a trasformare Jacopo in pupazzo di neve!”. La montagna, però, quel giorno aveva deciso che i regali per noi non erano finiti: alla nostra sinistra vediamo correre giù al galoppo da un prato una ventina di cavalli liberi, che giunti sul sentiero davanti a noi, si acquietano e trotterellano davanti a noi accompagnandoci fino a Valcanale. Terminato il sentiero constatiamo ciò che già ci aspettavamo: la strada è completamente innevata. Giunti poco dopo al parcheggio troviamo Bontina che rabbrividisce sotto uno spesso strato di neve: bisogna liberarla e mettere la catene, altrimenti non ci si muove. “Hai mai messo le catene Sara?” “Mhmhmhm no, a questa macchina no! Non le ho neanche mai tirate fuori dalla confezione! Ma saranno tutte pressapoco uguali, VERO?!” Beh, non proprio, ma in meno di 10 minuti ce la caviamo brillantemente. Non volendo però fare completo affidamento sul mio empirismo catenico impongo in modo deciso che solo io sarei stata in macchina per quel primo ripido tratto! A quel punto, che chi si fosse affacciato alla finestra avrebbe assistito ad una scena a dir poco curiosa: sotto una fitta nevicata una macchina azzurra con un ragazzo che camminava alla sua sinistra, una ragazza alla sua destra e un ragazzo davanti che faceva procedere una mandria di cavalli, emettendo versi bizzarri, probabilmente appresi in cartoni animati tipo Heidi e Sandokan.

Arrivati a casa i nostri occhi sono pieni di una luce particolare: è la bellezza e la gioia della prima nevicata dell'anno, che ha sempre qualcosa di magico: non è bianco su bianco, è bianco su verde, su marrone, sul grigio dei sassi, sul rosso dei segnavia.
E' bianco che stupisce, che ti fa ringraziare Dio (o il Fato o il Destino o ancora la tua Ferrea Ostinazione) di esserti svegliato presto quella mattina e di aver puntato i piedi per venir qui, a dispetto dei “saggi consigli” di chi ti stava intorno e rimarcava che forse non era un'idea molto accorta far prendere tutto quel freddo e quell'acqua ai “tuoi ragazzi”... beh forse era l'idea più saggia invece, perchè oggi, dopo 3 giorni bloccata sul divano da un antipaticissimo virus, io sto sognando quella neve e quel freddo...

1 commento:

Vicky Rubini ha detto...

ah io vorrei tornare anche solo per un dì, lassù nella valle alpiiina! là sotto gli alti abeti ed i rododendri in fior, distendermi a terra e sognar
portami tu lassù o signor, dove meglio ti veda! Oh portami nel verde dei tuoi pascoli lassù, per non farmi scendere mai più!

Recenti