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mercoledì 6 giugno 2012

Piracy of Privacy. Parte Seconda...

di Francesco Mancin

Segue da: Piracy of Privacy...Parte Prima (leggi prima di continuare)

[...]A questo punto occorre spiegare brevemente queste categorie. Per farlo utilizzerò alcuni esempi.
Quando sottoscrivete una petizione, quando compilate un modulo di delega o una ricetta medica fornite le vostre dirette c.d. "generalità", ovvero tutto ciò che vi permette immediatamente di identificarvi. Tali dati vengono definiti appunto "dati identificativi"(vi sono in questi anche numeri seriali del tipo carta d'identità o codice fiscale). Quando invece sfruttate i vostri codici di accesso, tipo numeri di matricola, Nickname, password, elementi di residenza e domicilio state trattando dei vostri "dati personali" ovvero tutto ciò che, anche indirettamente, può portare alla vostra identificazione. Mi spiego: se su di un elenco pubblico trovate: "Mat. 123456" è chiaro che nessuno, a parte voi, sarà in grado di riconoscervi, e ciò dovrebbe garantire in larga misura la vostra riservatezza. Ovvio è, tuttavia, che se qualcuno ha altre informazioni per ricondurre la matricola al vostro nome, e se ne approfitti, allora si tratterà di una violazione palese. La definizione di "dato personale" è ampia e
 francamente, leggendo la legge, piuttosto vaga. Lascio tuttavia ai dottrinali la discussione riguardo all'opportunità di tale scelta. Non da ultimi vengono poi i c.d. "dati sensibili". Cito testualmente:" i dati personali idonei a rivelare l'origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l'adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonche' i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale", in definitiva tutto ciò che certamente è accessorio alla nostra identificazione, ma in realtà non lo è affatto per la nostra identità, anzi è ciò che, come in un puzzle, la compone!. La qualificazione così ampia del dato sensibile è forse la vera innovazione: finalmente ci si è accorti che per proteggere la privacy non bisogna proteggere il trattamento dell nostro Pin Bancomat (con ciò si proteggono tutt'alpiù i nostri soldi!) ma gli elementi sparsi della nostra esistenza che, opportunamente ordinati, fanno di noi la persona vera che si cela dietro alle colonne dell'anagrafe. Facciamo un passo ulteriore: la nostra cultura tendenzialmente "pettegola", l'eredità di vecchi schemi mentali e, non da ultimo, il tenore letterale delle leggi e dialettale dei politicanti, diventano le regole di un gioco furviante e confuso: Siamo più attenti nel considerare "riservato" il dato della matricola, piuttosto di considerare tale la pubblicazione del nostro orientamento religioso. Attenzione: non sto dicendo affatto che la paura per frodi e furti di dati per finalità criminogene sia infondata, sto invece osservando quanto l'applicazione dei concetti "privacy/riservatezza/sfera privata" sia distorta.
Ritengo che tale confusione sia generata da due cause interdipendenti: una sostanziale difficoltà di discernimento delle qualificazioni di "dato" appena desunte (e per incoscienza personale e per disinformazione istituzionale), sommata alla tendenza "palcoscenica" degli ultimi dieci anni che ha letteralmente azzerato la necessaria prudenza che dovrebbe coabitare gli spazi web, soprattutto quelli personali (Fb, Twitter, ecc) ma anche quelli più insospettabili come la "banale" iscrizione ad un sito tipo Ebay, o anche soltanto un account di posta elettronica.
Una parentesi: ognuno di voi avrà certamente sottoscritto l'iscrizione ad un qualunque sito. Avete presente l'asterisco dei "campi obbligatori"? Altro non è che uno strumento (a mio parere troppo poco visibile e chiarito) per indicarvi la differenza tra i dati identificativi (chiaramente necessari a ricondurvi a voi) e dati personali/sensibili. Tenete presente che quando il campo obbligatorio interessa l'inserimento di un nickname o di una password, state inserendo in realtà un dato personale, che pertanto non è necessario a dimostrare la vostra esistenza (il vero scopo del dato identificativo), ma è semplicemte un dato necessario al funzionamento del sito, ovvero un elemento che non sarebbe obbligatorio se non dipendesse dalla struttura stessa del Website. Credo invece che nessuno di voi abbia mai letto tutte le "condizioni del contratto" ("Accetto?"), nel quale sono bene specificati i trattamenti che faranno dei vostri dati (in particolare i personali e i sensibli se li inserite).
Tornando  agli esempi "fatti la scorsa puntata", sulla scorta di quanto detto finora possiamo chiaramente dedurre che si tratta di esempi modellati sull'uso "improprio" dei dati sensibili. Attenzione: improprio non necessariamente (ma spesso è tristemente vero) perchè vi sia stato un furto di dati, ma perchè trattati per finalità sicuramente differenti dal motivo per cui l'utente li aveva "concessi". E sì, purtroppo si tratta di una vera concessione, dovuta alla nostra personale negligenza (andatevi a leggere il contratto di Facebook relativo alle modalità di account più libertarie e spaventatevi!) e alla palese malafede di coloro che il contratto lo scrivono.
Venedo al primo esempio: ho un account di Ebay,Amazon,Mercatino musicale, ecc. nel quale tengo monitorati i miei acqusti futuri, il mio "carrello", ma anche i miei acquisti effettuati e il grado di soddisfazione. A prima vista un comodissimo sistema di archiviazione, in pratica uno spaccato concreto dei nostri gusti, delle nostre capacità economiche, e, spesso, della nostra bontà di acquirenti (insolvenza eventuale, metodi di pagamento). Certamente dati necessari al buon funzionamento del sistema: in questo modo il sito facilita le nostre ricerche future preselezionando i campi di interesse ed introduce un sistema di meritocrazia basato sui reciproci voti di acquirenti e venditori. "Ma cosa mi interessa?" direte voi, "se si salvano i miei acqisti?". Ma a questo io non so certamente rispondere, ma è questo il cuore della privacy: ognuno può, o dovrebbe potere, certamente scegliere cosa condividere della sua vita, ma soprattutto qualora lo facesse anche inconsciamente, dovrebbe potersi prefigurare ragionevolmente quanto "pubblico" sarebbe in grado di raggiungere la sua informazione privata!
Invece il meccanismo nel web si distorce e sfugge di mano: non vi siete mai chiesti com'è che state navigando su un sito assolutamente non commerciale e fra le pubblicità latrerali di Google (GoogleAdds) compaiono prodotti incredibilmente simili agli ultimi che avete comprato/ricercato su Ebay? Stiamo iniziando ad aprire il vaso di Pandora del "mercato delle ricerche di mercato"... [continua prossimamente, ma se vi annoio scrivetelo charamente nei commenti...]

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